C ari amici
Prima di immergersi nella consueta forma almanaccale, mi piacerebbe parlarvi dell’ultimo film che ho guardato: “Love in the Villa”. La mia scelta è ricaduta su questo titolo solo perché la vicenda si svolge a Verona, pertanto ho deciso di mettermi comodo sul divano, cani accoccolati attorno, un buon toscano ed un bicchiere di caffè freddo e via verso questa proiezione.
Che dire: a mio personale parere è un filmetto, una robetta senza un perché. Una trama scontata e di una banalità folle, due attori veramente mal assortiti, e presenta una serie di errori filologici incredibili.
Capisco che è un prodotto made in USA, per un mercato lontano e dove il livello culturale base porta a collocare la torre Eiffel a Roma e che quindi si dovevano infilare stereotipi di italianità da baraccone ovunque, ovunque si sente suonare il mandolino. Chi ha visitato Verona sa che al massimo si possono udire attorno all’Arena note e canti di lirica, ma non di certo mandolini. Si presenta una cucina dal gusto meridionale, compaiono spesso i cannoli alla ricotta, bandiera della meravigliosa pasticceria Siciliana e non certo scaligera. Lo sciamannato autista della protagonista ha un evidente caratterizzazione dello stereotipo partenopeo, la polizia municipale viene presentata come una grottesca tribù di pigmei irsuti, poi i cognomi dei viticoltori che il protagonista deve incontrare per lavoro son evidentemente estratti dall’elenco telefonico di Napoli e non di Verona.
Una cosa che non ho capito è l’impegno del regista nel presentare la città come invasa dai gatti; vero è che non siamo a Vicenza, ma…
Del resto cosa rimane di meritevole? Una bellissima fotografia, scorci romantici ed incantevoli, insomma una bella cartolina, ma dal testo sciapo e lacunoso.
Per concludere: il più vecchio “Letters to Juliet” rimane una meta irraggiungibile.
Se avete voglia di un nulla guardatelo pure.
Passiamo ad altro:
il clima si è fatto più mite, il profumo dell’autunno è chiaramente nelle nostre nari, le foglie cominciano ad ingiallire ed attorno a me le angosce son sempre più pesanti, non mie per carità ma di chi mi circonda che purtroppo le emana come una stufa il calore.
Ma per vincere la battaglia della vita non dobbiamo far affidamento sui malanni ma sulle nostre forze e quindi con grande forza di volontà e spirito indomito, la lancia in resta, andiamo a curiosare tra le pagine di vecchi libri e tra i racconti attorno al fuoco che tanto ci piacevano da bambini.
Come sempre vi chiedo pazienza, sappiamo da dove partiremo ma non dove arriveremo con queste pazze cavalcate tra storia, miti, leggende, spigolature e quant’altro la mia povera testolina malata mi indicherà.
Cominciamo con il piccante?
Non parleremo certo di peperoncino e neppure di spezie esotiche, ma di peccati peccaminosi, infatti come oggi nel 1958 entrò in Italia in vigore la legge Merlin, ovvero quella disposizione voluta dalla senatrice socialista Lina Merlin che abolì le case di tolleranza.
Non entro nel merito, ma mi piace ricordare che tra le bollenti lenzuola di peccaminosi bordelli,” Si fece la Storia” .
Cari amici, ebbene si; ma vi consiglio una rilettura del mio vecchio scritto “La storia in camera da letto” quando l’alcova racconta!
Quindi ora un pochino di sano morbosismo, notate l’ossimoro, mi spinge a scrivere che:
iniziamo con una curiosità linguistica sul tema, la professione è indicata con moltissimi sinonimi, tra essi alcuni assai curiosi, per esempio : chi esercita il “mestiere“ viene detta anche in modo dispregiativo, Baldracca, che è la storpiatura fiorentina medioevale del nome della città di Bagdad, dove l’immaginario collettivo, collocava l’origine di tutte le perversioni; l’arabo Bagdad divenne il fiorentino Baldacco ed una donna da Baldacco era una Baldacca, poi Baldracca, pare anche che un postribolo locale avesse il nome di Baldacco, giusto per non incorrere in fraintendimenti.
Ma non è finita, una parola più elegante è meretrice, che trae il suo etimo dal verbo latino Mereo, ovvero meritare, infatti la donna che si concede, merita il suo compenso per la prestazione. Pensate che ha la stessa radice di Merenda, ovvero il gerundio di mereo, che intende la cosa che si deve meritare, questo verbo ci regala l’italiano mercenario, ovvero colui che merita la paga per il servizio delle armi, ed infatti, in un parlare dotto, certo non si dice “andare a puttane” ma “servirsi di piaceri mercenari”.
Ma la Baldracca esercita nel Bordello, parola di etimo francese, che indicava piccole case di legno dove si praticava l’amore ad obolo, e non è forse che in Italiano lo si appella anche come “casino”? Ovvero piccola casa? Quindi abbiamo la stessa radice semantica.
E pensate che il primo scritto in Italiano in cui appare la parola “Bordello” è nientemeno che di Brunetto Latini, che conosceva benissimo il francese visto che da bravo guelfo venne esiliato dopo la vittoria ghibellina di Montaperti in Francia. Questa parola venne utilizzata perfino dall’altro noto guelfo, Dante, il quale scrisse il famosissimo verso:
« Ahi serva Italia di dolore ostello
nave senza nocchiere in gran tempesta
non donna di province, ma bordello »
(VI 78-80)
Per indicare la confusione che regnava nella Penisola nei suoi anni, e direi che le cose non son cambiate di molto.
Ma che altro dire oggi sul peccaminoso ambiente? Nulla lasciamoci del materiale per il futuro e cambiamo pagina.
Rimaniamo in tema risorgimentale, oggi nel 1854 venne combattuta la battaglia dell’Alma, sul fiume omonimo in Crimea, battaglia che arrise ai francoinglesi e vide il ritiro delle truppe zariste, vittoria che diede il nome al tristemente famoso ponte parigino che fu il teatro dell’incidente che provocò la morte di Lady D.
Come oggi nel 1356, in piena guerra dei 100 anni, si svolse la battaglia di Poitiers, dove gli inglesi comandati da Edoardo, il principe nero, sconfissero il meglio della cavalleria feudale francese, gli speroni d’oro agli ordini del re Giovanni II detto il buono.
Ammetto che in questo frangente parteggio per i francesi, ma ammiro l’abilità tattica di Edoardo, che con solo 7000 uomini e per lo più di fanteria leggera, sconfisse i 14000 guerrieri francesi e la loro formidabile cavalleria corazzata. In questo scontro perfino il re francese cadde prigioniero e gli inglesi chiesero un riscatto pari al doppio delle entrate annue delle casse parigine, mica poco.
La storia ci ricorda che vennero combattute due battaglie chiamate di Poitiers, la prima nel 732 DC ed in quella circostanza l’esercito di Carlo Martello affrontò e sconfisse le truppe arabe che avevano occupato la penisola Iberica e ne fermò l’espansione. Ma questa è tutta un’altra storia, oggi si ricorda quella del 1356.
Passiamo a cose più facete, come oggi per la prima volta compare un cortometraggio con il personaggio più celebre al mondo dei fumetti, nientemeno che Mike Mouse, il nostrano Topolino, che si mostrerà in tutta la sua bravura nel cartone animato “ Steam Boat Willy “ era una giornata uggiosa NewYarkese del 1928.
Rimanendo in tema Dysneiano, come oggi nel 1959 durante la sua visita a Los Angeles, a Nikita Krushchev venne negato l’accesso al parco dei divertimenti di Dysneyland, si disse per motivi di sicurezza, che sia vero? O al buon vecchio Walt convinto anticomunista non andava a genio il premier sovietico? Io se fossi stato in lui lo avrei fatto venire e gli avrei mostrato come ci si sollazza in una società di stampo liberale, magari cambiava opinione.
Sempre come oggi nel 1928 nasceva un mito, l’attore Adam West, l’insuperato protagonista della serie tv Batman; il Batman con la pancia per intendersi, quello che quando faceva a cazzotti comparivano i fumetti. Adoravo quel telefilm. Quindi vi beccate un po’ di aneddoti:
Per prima cosa l’auto, la Bat Mobile è una Lincoln Futura classe 1966.
La Casa di Bruce Wyne fu usata in moltissimi altri film : è la Fondazione Knight nel mitico telefilm “Super car“, è la casa di Kit Ramsey (Eddy Murphy) in Bowfinger; La ritroverete nel mitico “ la corsa più pazza del mondo “ , poi nella pellicola del 2010 remake di un notissimo film Francese, “ A cena con un cretino”, dove l’edificio è la casa dove si svolge la cena. È il College dove si verificano i fattacci di Scary Muvie 2. Dimenticavo l’indirizzo : è il 380 South San Raphael Avenue a Pasadina , California, vicino a Los Angeles.
La serie ebbe ben 120 puntate e fece diventare Adam West una vera star, mentre il povero Robin poi scomparve dagli schermi, il suo nome era Burt Ward.
La plettora dei cattivi era stupenda, Joker fu il grandissimo Cesar Romero, il Pinguino, nientemeno che Burgess Meredith, colui che fu l’allenatore di Silvester Stallone in Rocky, e dai ditemi che lo avevate riconosciuto; poi c’era Cat Woman, la diva sexy Julie Newmar, che compare anche nel nome nel titolo del Film “ A Wong Fu , grazie di tutto , Julie Newmar. “
Ok penso di avervi stufato abbastanza con Bat man, che rimane comunque il mio super eroe preferito.
Vi avevo promesso che vi avrei parlato ancora di cucina e così sarà, visto che abbiamo citato un re Franco, mi pare doveroso ricordare il loro più famoso sovrano, Carlo Magno:
Carlo Magno non fu solo il re dei franchi, ma fu il primo imperatore del Sacro Romano Impero. Gli storici del tempo lo descrivono come uomo imponente, alto un metro e ottanta, con occhi grandi e vivaci, folta capigliatura bionda ed una voce possente. Aveva un animo dolce e sensibile e fu visto piangere varie volte per la morte di un figlio o del famoso cavaliere Rolando ( vi ricordo che nel passato non era disdicevole per un uomo piangere). Non fu mai un dotto, parlava una specie di dialetto tedesco, ma imparò anche il latino, che sapeva leggere ma non scrivere.
L’aver avuto cinque mogli e numerose concubine dimostra la sua buona predisposizione per i piaceri dell’alcova ed ebbe infatti una ventina di figli. La vera forza di Carlo erano i suoi cavalieri franchi, che vivevano insieme a lui nel palazzo reale di Aquisgrana l’attuale Aaken, i famosi paladini, ovvero i guerrieri di palatium. L’unico lusso della sua dimora erano le terme dove insieme agli amici, immerso nell’acqua, discuteva di politica e di teologia.
Durante il regno di Carlo Magno si cominciarono a definire le prime regole dello stare a tavola: la buona educazione divenne etichetta, si cominciò a stare seduti al desco con la sedia, abbandonando il lettino, e divenne d’uso la tovaglia.
Sensibile al benessere alimentare della sua comunità, l’Imperatore dettò il “Capitulare de villis”, trattato contenente un nutrito elenco di piante che si potevano e si dovevano coltivare nell’orto. Il biografo di Carlo Magno, Eginardo, racconta che l’imperatore odiava i cibi lessi, e “più volentieri di ogni altra cosa” mangiava gli arrosti. Amava così tanto questo genere d’alimenti, che neppure negli ultimi anni di vita, pur ammalato di gotta, ascoltò i consigli dei suoi medici che lo esortavano d’alleggerire la dieta. Si racconta che dopo una cena, osservasse con attenzione quante ossa vi fossero sotto le sedie dei cavalieri invitati, da questo traeva conclusioni sul loro coraggio in battaglia. E bravo il mio antico omonimo che come me andava in visibilio per gli arrosti, purtroppo per me misero e tapino, piatti banditi dal mio desco dai desideri culinari dei parenti che solo a sentirne l’odore han mancamenti.
Oggi ricorre San Gennaro, patrono di Napoli, vi esorto ad andare a leggervi i vecchi angolini dove si parla di lui e del suo sangue.
Ciao a tutti
CS