C ari amici
e fedelissimi lettori.
Siamo alla fine del decimo mese dell’anno, immersi in un caldo autunno che non vuole regalarci ne pioggia e neppure il freddo, godiamo di tiepide giornate e cieli azzurri, per una curiosa contingenza geopolitica, per tanto fastidio del novello Zar, Putin, non abbiamo ancora acceso i riscaldamenti, in Italia da pochi giorni abbiamo come primo Presidente del Consiglio dei Ministri una donna e la vita e la Storia proseguono.
Dopo un incredibile avventura culinaria presso l’istituto alberghiero di Bardolino, questa sera era d’obbligo saltare la cena, ma mi son soffermato ad osservare il cesto della frutta che troneggiava sul desco.
Melograni ed Arance, i frutti della stagione, incorniciati da un piccolo tralcio di vite americana che rendeva tutto più romantico con le sue rosse foglie autunnali, mi han portato a riflettere sull’etimo dell’agrume che faceva capolino tra i colori della stagione.
Vi prego di seguirmi nell’ennesima passeggiata tra le meraviglie che il vocabolario e l’Atlante ci donano; contagiato dalla conferenza a cui ho assistito ieri sera, mi permetto di essere anche leggermente polemico: per prima cosa sfatiamo un po’ di luoghi comuni: in primis le arance non sono giunte a noi attraverso gli ormai oggi sempre presenti e molto politically correct Arabi!
Le prime arance di cui abbiamo notizia son arrivate a noi nel I secolo dopo Cristo, ed ebbero diffusione di coltura specialmente in Sicilia ed in Calabria, i latini le chiamavano malum aurantium ovvero mela d’oro, poi divenuta melarancia.
Poco diffusa e preziosissima e destinata a scomparire dai nostri deschi.
Pare che le famose mele d’oro del giardino delle esperidi fossero proprio le “arance”, infatti i frutti delle Rutacee a cui gli aranci appartengono, son scientificamente nomati “esperidi”, un caso? Certo che no, come sempre.
Ma allora perché i nostri pennivendoli prezzolati i tanto da me criticati giornalisti in questo turbine di islamofilia indotta, ci dicono che le arance arrivano dagli arabi?
Semplice, perché son una accozzaglia di pseudo intellettuali e non fanno alcuna ricerca; la prima cosa da fare sarebbe chiedersi come si dice in arabo arancia, non vi pare?
Stupore, nella lingua dei signori del deserto, questo frutto succoso, si dice: “burtuqual”, che non suona certo come “Arancia”, ma converrete con me che il termine si accosta foneticamente, al nome della terra dei Lusitani, il Portogallo. Ma perché?
Perché anche gli arabi loro l’hanno conosciuto attraverso i viaggiatori portoghesi che a loro volta lo hanno importato dall’estremo oriente nel XIV secolo e reintrodotto nel bacino Mediterraneo.
Per questa ragione, in molti nostri dialetti il prelibato frutto viene chiamato Portogallo, come nel romanesco, nel dialetto parmigiano e nel lodigiano, in certe zone del Piemonte e della Calabria, in paesi della Puglia ecc ecc.
Ma il termine Arancia da dove arriva?
Da un termine Persiano che nulla ha a che vedere con l’arabo e suonava alle orecchie occidentali come narang, che letteralmente vuol dire: “il frutto preferito dagli elefanti”.
Questo vocabolo in italiano è stato scomposto in n arang e la N è divenuta l’articolo indeterminativo, e arang si è mutato in arancia.
Nel dialetto veronese si indica ancora con il gergale naransa .
Ma andiamo a vedere come questo frutto viene chiamato nelle terre a noi vicine:
I Serbi : Narandza
I Bulgari : Oranzhev
I Croati : Narancasta
I Cechi : Oranzovy
I Francesi : Orange
Gli Inglesi uguale ai Francesi solo la pronuncia è diversa ma non diteglielo se no se la prendono a male.
I Greci : Portokali
I Tedeschi : sia Orange che applesien, ovvero mela cinese, ma non son gli unici, vediamo:
I Cazaki han imparato dai Tedeschi? Infatti per loro è sempre apelsin.
I Polacchi invece han ripescato il termine latino slavizzandolo: pomaranczowy.
Ed i Portoghesi ? loro la chiamano alla Persiana, laranja, incredibile.
I Rumeni ritornano al termine portocaliu.
Gli Spagnoli, eterni rivali dei Lusitani, non potevano che chiamarli naranja.
Gli Svedesi, influenzati dalle lingue sassoni, ovvero dai tedeschi, usano apelsin.
Ed incredibile a dirsi, in Ungherese, troviamo i frutti espressi con una parola capibile anche a noi, narancs.
Cavolo che cavalcata tra etimi, botanica, giardinaggio e desco.
Non vi è venuta voglia di una spremuta?
Che dite, la prossima volta affronteremo l’esoterico melograno?
A voi un consiglio.
Ora passiamo alla consueta forma almanaccale:
come oggi nel 1919, attraverso lo strumento legislativo del Volstead Act, negli Usa iniziò l’era del “proibizionismo”; ovvero vennero bandite dal territorio nazionale tutte le sostanze alcoliche, sia la vendita che la produzione, questo stato di cose rimase in vigore fino al 1933, ben quattordici anni senza una gioia liquida, se fosse successo in Veneto, o ci saremmo estinti o sarebbe scoppiata una rivoluzione di tale portata che Robespierre scansati!
Divaghiamo un po’: ricordate il telefilm Azard? Compagno dei pomeriggi di noi vigli degli anni ’80; in cui lo zio Jessy parlava di distillerie clandestine nell’intrico delle foreste dalla Georgia? Ebbene si riferiva all’era in cui per farsi un goccetto bisognava escogitare sistemi alquanto carbonari.
I liquidi ottenuti dalla distillazione clandestina, spesso erano delle vere bombe, nel senso che alcuni laboratori esplodevano oppure erano talmente raffazzonati da produrre intrugli alquanto dannosi per l’organismo umano. Questi beveraggi venivano chiamati in gergo “Moonshine” raggi di luna, perché venivano fatti di notte, al chiaro di luna.
Quelli di più bassa qualità potevano portare perfino alla cecità, alla pazzia, o alla morte.
Se avete visto il film o meglio letto il libro “Il grande Gatsby” noterete lo smodato consumo di bevande alcoliche in quel periodo e si fa intendere che la fortuna economica del protagonista sia legata al contrabbando di tale merce.
Oggi abbiamo solo il dovere di non bere se dobbiamo guidare un veicolo, e trovo che la norma sia cosa buona e giusta.
Sfatiamo un mito da bar: non risale a questo periodo l’invenzione del Coktail : “Longisland”, all’apparenza è tè freddo, il profumo è quello del tè freddo, il colore pure, ma il sapore tradisce la presenza di alcolici, che si racconta nato per ingannare i solerti agenti del FBI, ma attenzione, rullo di tamburi, infatti l’alcolico intruglio nacque nel 1970 nella zona di Long Island per mano del barman Robert Butts, quindi questa è la classica leggenda metropolitana che è il caso di estirpare.
Oggi nel magico paese del sollevante si ricorda la nascita di Jigoro Kano. Chi fu costui? Ma in fondatore della prima squadra di baseball giapponese. No non è importante per questo, ma per aver elaborato e possiamo dire inventato l’arte marziale nipponica per eccellenza, il Judo, derivandolo dallo studio del più antico Jujutsu, notate che entrambe le discipline han all’interno del nome il dittongo “Ju”, che per noi non è altro che un suono un po’ chiuso ma nelle terre del Mikado, vuol dire “ gentilezza, adattabilità “ e Do che vuol dire “ via , percorso “ ovvero lo si potrebbe tradurre come : il percorso della gentilezza, più che un’arte marziale sembra il titolo di un libro sul il bon ton, non vi pare? A proposito, avete letto “ Bon ton in giallo” ?
Quindi l’arte del Judo non è antichissima, ma risale alla fine del XIX secolo.
Mentre scrivevo queste righe non mi son trattenuto dal canticchiare per l’ennesima volta la sigla di uno dei cartoni animati della mia infanzia, “ Sasuke il piccolo ninja “ che però contiene un errore, infatti in una strofa dice:
Sasuke, Sasuuuke, dagl’occhi a mandorla
combatti con furore sei una girandola,
nessuno ti puo’ vincere, lo so,
tu sei cintura nera, anche a Judo.
Impossibile dato che il cartone animato si svolge agli inizi del XVII secolo e l’arte marziale Judo è della fine del XIX.
Lo so son un rompi scatole.
Come oggi, abbiamo il centenario dell’arcinota “Marcia su Roma”, come sempre vi ricordo che non mi dilungherò in disquisizioni, per non scivolare in contesti che san troppo di politica, 28 Ottobre 1922.
Nel 312 DC, Costantino I sconfisse il rivale per la carica di Imperatore, Massenzio, nell’epico scontro di Ponte Milvio vicino a Roma. La vittoria arrise a Costantino che difettava di soldati, si pensi che lo scontro fu di circa due a uno per Massenzio.
Si è scritto che prima della battaglia Costantino ottenesse in sogno una visione celeste e la certezza della vittoria datagli nientemeno che da Cristo in persona, tanto che sugli scudi del suo esercito face porre il Chi Rho ovvero il monogramma di Gesù, una X con una P . In hoc signo vinces.
Oggi si ricordano i santi Simone e Giuda, due dei dodici apostoli, in questo caso Simone il Cananeo conosciuto anche come lo Zelota e Giuda da non confondere con il più noto Iscariota ma Giuda Taddeo, evangelizzatore della Persia, notiamo come oggi la Persia ricorra, fratello di Giacomo il minore e probabile figlio di Maria di Cleofa, una delle tre Marie evangeliche.
Simone, invece passerà alla Storia come il Cananeo, ma non perché veniva dalla città di Cana, ma dalla parola Quana, che indica il movimento Zelota.
Ma chi erano gli Zeloti?
Erano un movimento politico sorto in Giudea nel I secolo DC, che combattevano il dominio Romano con atti di terrorismo, erano patrioti e integralisti religiosi, estremamente osservanti dei precetti ebraici. Il loro apice si ebbe con le guerre Giudaiche del 66 DC fino al 70 DC, quando vennero sconfitti e sterminati dall’imperatore Tito.
Pare che la loro fanatica osservanza abbia fatto da cornice all’etimo della parola italiana Zelante, ovvero colui che segue incondizionatamente un precetto.
Vi suggerirei di leggervi “ la guerra Giudaica “ di Giuseppe Flavio, al secolo Jhoseph Ben Mathiat ovvero Giuseppe figlio di Matteo.
Vi lascio e vi invito a scrivere.
Ciao ciao
CS